La pubalgia non è una patologia che riguarda solo gli atleti di alto profilo agonistico, ma un problema sempre più diffuso ad ogni livello sportivo, tanto da interessare attualmente soprattutto gli atleti di livello intermedio, in ragione delle condizioni di pratica spesso non idonee.
In ogni caso nell’ambito del calcio esistono senza dubbio molti gesti tecnici che possono favorire l’insorgenza della patologia: salti, dribbling, movimenti di cutting in generale, contrasti in fase di gioco effettuati in scivolata (e quindi con gamba abdotta e muscolatura abduttoria in tensione), costituiscono indubbiamente dei fattori che causano forti sollecitazioni a livello della sinfisi pubica, innescando un meccanismo di tipo sinergico e combinato tra muscolatura abduttoria ed addominale. Oltre a ciò, il gesto stesso del calciare e la corsa effettuata su terreni che possono risultare in un certo qual modo sconnessi, costituiscono ulteriori fattori di intensa ed abnorme sollecitazione funzionale della sinfisi pubica. Sempre a questo proposito è importante ricordare lo squilibrio funzionale nel quale si trova ad operare meccanicamente la colonna del calciatore costretto, dalle esigenze biomeccaniche di gioco, ad un costante atteggiamento iperlordotico.
Si individuano da 10 a 80 cause di pubalgia, che comprendono per la maggior parte tendinopatie inserzionali, calcificazioni ectopiche, avulsioni, ernie, ma anche patologie di tipo osseo ed articolare, come fratture da stress, osteocondrosi od osteonecrosi, alle quali si aggiungono patologie di tipo infettivo e tumorale, borsiti, intrappolamenti nervosi, pubalgie di tipo viscerale ecc… Tutto questo non fa altro che sottolineare la fondamentale importanza di una corretta diagnosi, senza la quale risulta di fatto impossibile poter impostare un piano di trattamento razionale ed efficace.
- La patologia addominale, che interessa il grande obliquo, piccolo obliquo e traverso
- La patologia dei muscoli adduttori, che riguarda l’adduttore lungo ed il pettineo
- Danni a livello del muscolo ileopsoas
- Le osteo-artropatie pubiche
- Le fratture da fatica del pube
I dolori causati dalla pubalgia sono di tipo progressivo, mentre solamente 1/3 denuncia un insorgenza brutale. Il quadro clinico della pubalgia è caratterizzato da una sintomatologia di tipo soggettivo ed obiettivo. I sintomi soggettivi sono identificabili principalmente nel dolore e nell’impotenza funzionale. L’insorgenza dolorosa può comparire in seguito a gara e/o allenamento, essere già presente prima della prestazione e scomparire durante la fase di riscaldamento, per poi ricomparire nel prosieguo dell’attività. Nei casi estremi la sintomatologia algica impedisce di fatto la prestazione stessa. Il dolore può irradiarsi, estendendosi lungo la muscolatura adduttoria e/o addominale, in direzione del perineo e degli organi genitali, generando, in tal modo, dei possibili errori diagnostici. L’impotenza funzionale è ovviamente direttamente correlata con l’intensità della sintomatologia dolorosa. Dal punto di vista oggettivo, il paziente lamenta dolore alla palpazione ed allo stiramento contro resistenza, inoltre, in quest’ambito, riveste una grande importanza l’osservazione di come il paziente si muova, cammini e si spogli. Per ciò che riguarda la diagnostica per immagini, è sempre consigliabile effettuare un esame radiografico del bacino che evidenzi la situazione della sinfisi pubica, in modo tale da poter verificare la presenza di eventuali erosioni o dismetrie.
L’ecografia trova una sua indicazione nel caso di sospetta ernia inguinale o crurale. La scintigrafia ossea costituisce un esame di scarsa specificità. L’esame d’elezione si dimostra comunque la RMN, che può dare informazioni dettagliate sia sulla situazione ossea, che sulle strutture inserzionali.
I fattori predisponenti per l’atleta all’insorgenza della pubalgia:
- Una patologia a carico dell’anca o dell’articolazione sacro-iliaca;
- Una franca asimmetria degli arti inferiori;
- L’iperlordosi;
- Uno squilibrio funzionale tra muscoli addominali e muscolatura adduttoria: la muscolatura addominale si rivelerebbe debole se rapportata alla muscolatura adduttoria che, al contrario, si presenterebbe forte ed eccessivamente rigida;
- Inadeguatezza dei materiali utilizzati: un esempio tipico nell’ambito del calcio è costituito dall’utilizzo di tacchetti troppo lunghi su terreni secchi, oppure troppo corti in caso di terreni morbidi;
- Inidoneità del terreno di gioco;
- Errori nella pianificazione dell’allenamento.
Alla terapia conservativa viene associato un periodo di riposo completo, sufficientemente prolungato, al fine di ottenere un consolidamento degli elementi tendineo-muscolo-aponevrotici interessati dalla lesione. Oltre a questo, è generalmente prevista una terapia antalgica a base di FANS, nei casi particolarmente acuti e ribelli può essere indicata una terapia infiltrativa. Molte volte nella terapia infiltrativa vengono utilizzati anche farmaci ad azione anestetica, allo scopo di poter rendere disponibile l’atleta all’attività agonistica.
È chiaro che questo tipo d’intervento presuppone delle componenti di rischio non indifferenti per l’integrità fisica dell’atleta, che non ricevendo più stimoli nocicettivi, può superare i limiti funzionali imposti dalla patologia, con tutti in rischi che a questo conseguono.